La crisi sta colpendo, in ogni settore: l’agroalimentare, in particolare, soffre di rincari mai visti prima.
Come riportano i dati del Chicago Board of Trade, punto di riferimento internazionale per il futuro mercato delle commodities agricole, ma banalmente anche gli ultimi aggiornamenti internazionali, le quotazioni dei principali elementi della dieta animale sono salite alle stelle, con il mais registrando il più grande aumento del decennio, mentre la soia ha raggiunto il picco da quasi sette anni.
Inevitabili, quindi, le ripercussioni sul costo dell’alimentazione animale e sulle attività dei produttori.
C’è il rischio che il forte aumento dei prezzi delle materie prime crei un corto circuito, dove i costi di produzione superino nettamente i prezzi di vendita della carne e dei prodotti derivati. Se nei mesi scorsi i produttori di mangimi hanno cercato di non trasferire agli agricoltori l’aumento dei prezzi delle materie prime, ora, di fronte alla consolidata tendenza al rialzo e alla crisi globale a cui stiamo assistendo, questa posizione potrebbe diventare impraticabile, con inevitabili conseguenze l’intera filiera.
“La pandemia, tra aperture e chiusure, [e ora la crisi geopolitica internazionale , ndr ] hanno posto le basi per un’improvvisa e forte crescita della domanda di mangimi – spiega Leo Pallaroni, segretario generale di Assalzoo, al quotidiano italiano Linkiesta – che ha creato tensioni a tutti i livelli, non solo sui prezzi delle materie prime ma anche sui costi dei trasporti (le tariffe di trasporto sono più che raddoppiate), e sui costi energetici, con prezzi ormai fuori controllo dell’energia elettrica e ancor di più per il gas: una voce di costo importante per il nostro settore industriale.”
Quindi, è urgente che le nuove catene alimentari siano rispettose dell’ambiente, promuovano le economie locali e tengano conto degli aspetti sociali, e la produzione di mangimi sarà la corrente principale di questo cambiamento. Infatti, per coloro che non possono permettersi la produzione del mangime (o non hanno terreni da coltivare e utilizzare per il pascolo), l’unica opzione alimentare disponibile rimane il mangime. E l’effetto domino, a cominciare dall’aumento del costo dell’energia, è assicurato.
La formula nutrizionale SUSTAvianFEED potrebbe essere una chiave per un sistema di allevamento di pollame innovativo che potrebbe non solo essere utile per l’ambiente, ma anche valorizzare e promuovere l’economia circolare e il rafforzamento dei piccoli produttori a livello sociale.
Abbiamo parlato con Piero Gaidano , nutrizionista italiano di pollame e supervisore mangimificio presso il Mangimificio F.lli Borello in Piemonte.
“Il problema dei prezzi era dietro l’angolo, non era nuovo. Prima o poi avremmo dovuto affrontarlo e ora come mai è necessario lavorare per aumentare la consapevolezza dei consumatori sui costi di produzione nell’allevamento di pollame, in modo da aumentare, a loro volta, i consumatori disposti a pagare un prezzo più alto per prodotti avicoli ottenuti con ingredienti alternativi e pratiche di allevamento più sostenibili. Ma siamo onesti: la sostenibilità, per quanto importante, non è la soluzione agli attuali problemi internazionali e ai problemi degli agricoltori”.
Quando si considera la sostenibilità delle diete avicole, bisogna anche tenere conto delle continue crisi a cui è esposto il mercato dei mangimi e degli integratori. Ad esempio, al momento, il mercato europeo soffre della carenza di aminoacidi sintetici (dovuta a una minore produzione/export dalla Cina), e della mancanza di olio di mais e di girasole (a causa della guerra in Ucraina), che stanno causando un aumento dei prezzi relativi.
Ecco perché il problema principale degli ingredienti per mangimi alternativi è rappresentato dai loro costi, che spesso sono troppo elevati per rendere la formulazione sostenibile, sotto ogni aspetto.
“Sicuramente – prosegue Gaidano – è necessario definire il concetto di sostenibilità. Se consideriamo il caso della soia brasiliana, ad esempio, è di grande interesse la proposta di sistemi di certificazione per le colture di soia che tengano conto delle pratiche di riforestazione. Questo approccio può rendere più accettabile l’uso della soia rispetto all’allarme deforestazione, mentre non risolve il problema dell’impatto ambientale legato al trasporto. Certo, potresti usare prodotti che non provengono da aree soggette a deforestazione o che provengono dall’area europea, ma il problema è che le quantità non sarebbero sufficienti. Qualsiasi tentativo di migliorare la sostenibilità deve necessariamente tenere in considerazione i costi e la tipologia di prodotti che si vogliono ottenere”.
“Da una parte, – Gaidano continua – per prodotti avicoli di alta qualità (es. ruspanti, biologici, ect.), è possibile selezionare ed educare un gruppo concreto di consumatori disposti a pagare un prezzo maggiore per sostenere i costi della sostenibilità ambientale o ecologica del prodotto . D’altra parte, non va dimenticato che i prodotti avicoli nel mondo rappresentano alimenti di origine animale meno costosi, essendo accessibili alla popolazione con basso potere economico. Gli allevamenti di pollame devono essere supportati nel processo di transizione ecologica verso la sostenibilità, da qualsiasi prospettiva. Da questo punto di vista, si aprono nuove sfide per la produzione avicola come la rimozione dell’uso di antibiotici per combattere la resistenza agli antibiotici, perseguita attraverso il miglioramento del benessere animale e l’uso di strategie nutrizionali volte a migliorare la salute dell’intestino, o l’uso di diete sostenibili a base di insetti. Ma bisogna essere realistici: al momento i benefici, soprattutto economici, sono ancora minimi e soprattutto le quantità di insetti non sono adeguate alle esigenze. È importante continuare a studiare e provare queste nuove soluzioni ma cercando di adattarle al contesto reale in modo che siano realizzabili anche su larga scala. Poi comincerà il vero cambiamento, a favore del benessere animale e del pianeta.”.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.